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Lui & Lei

Una notte a New York


di Membro VIP di Annunci69.it xNemesi
01.05.2022    |    4.213    |    2 8.5
"Con un sorriso che sa di conquista mi dice che le è venuta un’idea fantastica su come passare il resto della notte..."
Sade - Kiss Of Life
https://www.youtube.com/watch?v=MmOau-PMWJk


Un sommesso bussare alla mia camera d’albergo, mi sveglia.
Indosso in fretta l’accappatoio e apro la porta, è la cameriera del piano passata a prepararmi la camera da letto per la notte.
Le spiego gentilmente che non c’è bisogno e le allungo qualche dollaro di mancia.

Ora che sono sveglio, mi ritrovo affamato.
Divoro un paio di cioccolatini dell’albergo.
Sono quasi le nove di sera, rapidamente mi sbarbo, mi vesto in modo elegante per lo standard di qui ed esco, destinazione un ristorante sulla 46th poco distante da Times Square di cui degli amici mi hanno parlato bene.

Rispetto a solo poche ore fa, il tempo è del tutto cambiato, ora il sole il caldo e l’afa del pomeriggio, hanno lasciato il posto ad un vento fresco e profumato di mare.
Il cielo notturno è solcato da nuvole minacciose che si muovono velocemente giocando a nascondino tra i riflessi color argento e carta da zucchero dei grattacieli.
Risalgo lentamente la 6th avenue sino alla 46th guardando le vetrine dei negozi che stanno chiudendo, evito così di passare proprio per il centro di Times Square.

Questa sera non ho particolarmente voglia di immergermi in quel mare di folla che da ogni parte del mondo tutte le sere si da appuntamento in questa parte della città.

Difficile…, quasi impossibile camminare per il centro di New York senza tenere il naso all'insù, questa sera poi alla scenografia dei palazzi dalle imponenti entrate e dai profili che finiscono con il confondersi con il colore della notte, si aggiunge come colonna sonora il rumore dei tuoni che si fa sempre più vicino e la luce dei lampi che ora saetta riflessa rimbalzando da un grattacielo all'altro.

Arrivo al distretto dei teatri e al ristorante mentre le prime gocce di pioggia iniziano a cadere. Il posto è caldo ed accogliente, mi rannicchio in un tavolino d’angolo, ad osservare come sempre curioso, l’umanità che mi circonda.
Una coppia di anziani, eleganti nei loro vestiti di taglio inglese d’altri tempi, si imboccano l’un l’altro desiderosi di far assaggiare all'altro i piatti che ciascuno ha ordinato. Un’altra coppia appena trentenne vestita con abiti molto informali (t-shirt, pantaloncini e infradito), completamente a loro agio con la loro obesità, (occhio e croce sui 300 Kg in due), si stanno cimentando felici sul chi finirà prima quella mega porzione di cheesecake che è arrivata al loro tavolo.
Poco più in là, vedo un gruppetto di coppie di italiani. Gli uomini che parlano a voce alta vantandosi di qualche cosa, le donne assorte a scrutare la toilette delle numerose altre donne presenti in sala, per poi poterle commentare tra loro.

Il cibo è piacevole, semplice ma ben cucinato.
Piacevole è rimanere qui al caldo e all'asciutto assorto nei mie pensieri, con una buona bottiglia di barbaresco sul tavolo, mentre a pochi centimetri dal mio naso le strade di New York si stanno letteralmente allagando sotto questo violento temporale.

E’ quasi mezzanotte quando esco dal ristornate ormai quasi deserto, l’aria ora ha un altro profumo, è decisamente più fredda. Timide folate di vento scendono verso la strada risucchiate dalle pareti dei grattacieli che le catturano.
Ho voglia di fumare. Tornare a passeggiare e perdermi senza meta per le strade di New York che il diluvio appena terminato ha ripulito dallo sporco e dalla folla.

Ho anche voglia di qualcosa d’altro…

Ho appena lasciato Times Square alle mie spalle, ora sono sulla 42th strada passo sotto la pensilina del maestoso ingresso del building con la sede della Conde-Nast , ne approfitto per riparami dal vento e accendermi una sigaretta.
Cammino radente alle pareti dei palazzi schivando gli ultimi rimasugli del temporale. Ora le pareti di cemento alla mia sinistra lasciano il posto alle ampie vetrate di un altro locale arredato elegantemente con un grande bancone del bar illuminato da una luce soffusa, calda e accogliente.

Lei è lì, sola…, elegantemente seduta con le lunghe gambe accavallate su un piccolo e alto sgabello e mi guarda attraverso la vetrata.
I segnali che arrivano al mio cervello sono inequivocabili. Quel sorriso ammiccante, quel leggero sporgersi verso di me, quel leggerissimo dondolio delle gambe. Piccoli movimenti del corpo femminile che ho imparato a conoscere in tanti altri luoghi in giro per il mondo.

E così entro. Driblo un paio di camerieri accorsi per portarmi ad un tavolo, mi siedo, (cerco di farlo anche se non ho un buon rapporto con questi trabiccoli), su uno sgabello a poca distanza dal suo, il bar è quasi deserto.
I nostri sguardi si incontrano. Accidenti, è bellissima! Avrà all'incirca una trentina d’anni, la pelle color caffè latte è liscia come seta, capelli lunghi neri con un taglio particolare, occhi profondi color nocciola incastonati in un viso dai lineamenti leggermente orientali.

Ora mi muovo come recitando la trama di un vecchio film e mi sento tanto Humphrey Bogart seduto nel suo locale a Casablanca.
Ordino da bere per me e chiedo al barman di portare un altro drink alla mia bella vicina, lui annuisce con occhi furbi.
I drink arrivano, Lei fingendosi sorpresa mi ringrazia sporgendosi verso di me mentre con la mano affusolata mi indica lo sgabello vicino al suo. Afferro il mio Armagnac e cercando di non rovinare giù per lo sgabello, mi avvicino.
Ci presentiamo, Lei si chiama Michelle, (ma quando mai penso...), mi viene spontanea una battuta sull'altra Michelle che impazza negli USA da qualche mese, la moglie di Obama, Lei ride, sembra divertita ed io intanto le dico con sincerità disarmante di quanto sia bella.

Abbandoniamo il bancone con i nostri drink e ci sediamo vicini su due poltroncine di cuoio scuro. Nell'accompagnarla a sedere ho potuto godere della vista della sua schiena nuda e del suo fondo schiena fasciato in un semplice ma allo stesso tempo molto sexy abitino da sera.

Iniziamo a raccontarci qualcosa di noi. Le mi dice che prima lavorava a Washington ma che per la crisi si era trasferita da poco a New York, io le racconto i motivi del mio viaggio di lavoro, parliamo per una buona mezz'ora.

L’Armagnac mi riscalda e scioglie le mie parole. Sono rilassato, è bello stare al gioco.
E’ bello corteggiare e sentirsi corteggiare da questa meravigliosa creatura, nell'atmosfera di luce e musica lounge soffusa in questo locale sulla 42th strada a migliaia di chilometri di distanza da casa. Lontano da tutto.

Ora sento che sta arrivando il momento di chiudere la partita.
Le chiedo se conosce qualche locale vicino dove poter passare insieme ancora qualche ora. Lei mi conferma che la domenica, anzi ormai è quasi l’una del mattino di lunedì, la maggior parte sono chiusi.

Mi chiede dove alloggio. Le rispondo che sono al Bryant sulla 40th a 5 minuti di strada da lì. Lei bucando i miei occhi con i suoi si sporge in modo provocante verso di me.
Vedo l’attaccatura dei suoi seni alti e sodi a pochi centimetri dal mio viso.
Con un sorriso che sa di conquista mi dice che le è venuta un’idea fantastica su come passare il resto della notte.

Non ne avevo dubbi, mia bella e dolce pantera.
Non ne avevo dubbi...

Le strade di New York mi riaccolgono poco dopo di nuovo solo.
Mi sembra di sentirle sghignazzare, mentre litigo con questo dannato vento
cercando di accendermi un'ultima sigaretta.


Nemesi
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