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le puttanelle del paese


di pirlino
28.04.2023    |    19.686    |    16 9.4
"Non sempre era possibile svuotarci nell’immediatezza, l’intestino gorgogliante divenne un’abitudine così come portarcela a casa per cagarla nel bagno ma anche..."
Da ragazzino, quando iniziai ad essere la puttanella dei più grandi, a questi non gli passava neppure per l’anticamera del cervello che un maschietto dovesse essere inculato col preservativo (tra l’altro neppure li avevano i ragazzi, al paese, i preservativi), non può mica rimanere incinta! Le malattie non esistevano o, perlomeno, non se ne conosceva l’esistenza.
Quando mi hanno rotto il culo, ero ancora piuttosto piccolo, ricordo il periodo perché pochi giorni prima a scuola c’era stata la recita di fine anno ed io, ironia della sorte avevo fatto la parte di una pecora parlante (da allora sono incalcolabili le volte in cui mi sono messo “a pecora”), rammento che portavo i pantaloni corti, del resto a quei tempi i ragazzini li portavano tutti oltre a circolare liberi per il paese fin dalla più tenera età, senza controllo.
Quel giorno, due di loro, si scolarono per benino nelle mie interiora, dandomi la piacevole prima sensazione interna di “bagnato” che non ho più dimenticato, assieme al momentaneo, forte, bruciore. Dopo che tutti e due l’avevano fatto, la sborra mi veniva fuori dal culo e mi colava sulle cosce nude, nonostante loro, per evitare sospetti, avessero provato a ripulirmi come meglio avevano potuto. Temevano che in casa mia si accorgessero di qualcosa, allora uno che chiamavamo il Ciccione per via della sua voracità e del conseguente aspetto fisico ebbe l’idea di andare a prendere dei tovagliolini di carta al bar. Una parte vennero usati ancora per ripulirmi dopo essere stati inzuppati nel fusto pieno di acqua piovana che si trovava lì vicino, alcuni per asciugarmi e gli ultimi mi furono, piuttosto rudemente e senza tanti fronzoli, infilati dentro a mo’ di tappo.
Mi fu ordinato di toglierli solamente la sera, nel bagno prima di andare a dormire e di cagare la sborra. Forse avrei potuto farlo prima ma a loro, probabilmente, piaceva l’idea del mio culo riempito di carta. Obbedii senza fare storie. Questa cosa sarebbe diventata quotidiana. Infatti, da quel momento presero ad incularmi praticamente tutti i giorni, anche quelli che non c’erano la prima volta. Io ed il mio amichetto Robertino (mio coetaneo, avevano aperto il culo anche a lui qualche giorno dopo, del resto aveva un culetto rotondo che era una favola, quasi come il mio) imparammo presto a gestire la sborra che ci riversavano nell’intestino, generalmente la cagavamo fuori subito, quando eravamo stati riempiti assieme io pulivo il culo a lui e viceversa.
Come ho detto, indossavamo sempre pantaloni corti, inoltre avevamo smesso di portare le mutande, in casa le avevamo ma fuori, appena possibile le tiravamo via, le imboscavamo e poi le rimettevamo prima di rientrare.
Si trovava un angolo nascosto, a seconda di come erano fatti a volte bastava spostare i calzoncini da una parte, oppure li abbassavamo con facilità e gli arrapati ci infilavano dentro i loro membri mai sazi inoculando la loro sborra, nello stesso modo, appena possibile toglievamo il tappo e la spruzzavamo dove capitava.
Non sempre era possibile svuotarci nell’immediatezza, l’intestino gorgogliante divenne un’abitudine così come portarcela a casa per cagarla nel bagno ma anche lasciare in giro scie di liquido vischioso, tipo quello delle lumache. Fu per questo che il nostro nomignolo divenne proprio le “lumache”. Robertino mi parlo' di un signore già avanti con l’età, Ottavio, un vedovo che non aveva nulla da fare, un sodomita guardone e pettegolo che sapeva tutto di tutti. Mi disse che Ottavio se lo voleva inculare, ma lui gli fece solo un bocchino, perche aveva un bel cazzo nodoso troppo grosso per lui, e che avrei dovuto provarlo. Fu cosi' che un giorno mentre tornavamo dal boschetto, ci vide.
“Ah ah ah! Vi ho visto, due lumache, ecco cosa siete… due lumache dal culo rotto”. Poco prima eravamo stati inculati da due paesani, nella legnaia in fondo alla strada della chiesa, dopo il catechismo, questa era di sua proprietà, lui ci aveva sgamati e visto essere scopati.
Noi ce la filammo via di corsa mentre Ottavio continuava a ridere.
Il giorno dopo ero stato a trovare un compagno di classe, mentre camminavo per tornare a casa Ottavio mi apparve nuovamente davanti: “Adesso mi accompagni nella legnaia, ti faccio vedere dove ho scopato il tuo amichetto”." Ok, ma vai avanti te". Risposi
Camminando distanziati, per non dare nell’occhio, raggiungemmo il posto, io mi intrufolai dentro, la porta era tenuta ferma con un gancio, senza chiave, alcuni istanti dopo lui fece lo stesso. Teneva lì un lucchetto, col quale ci chiuse dentro.
La legnaia era grande, riempita per metà, andammo dietro la catasta della legna e mi mostrò delle macchie scure che erano lì per terra, effettivamente io e Robertino ci eravamo svuotati in quel posto. “Ti dovrei far leccare per terra ma ho un’altra idea”.
Prese dei sacchi di iuta, li stese da un parte, poi: “Dai, lumaca, scopri il culo che ti voglio riempire anch’io”. Cavolo, mi voleva inculare anche lui!
Io non ero mai stato con uno così grande, un uomo di cento chili, anzi, non ero mai stato con qualcuno che potesse essere considerato un adulto, cioè, quelli che mi inculavano erano più grandi, uomini fatti in quel senso, ma comunque ragazzi.
Mi tolsi i pantaloni mentre lui si slacciava la patta.
Come volevasi dimostrare, ce l’aveva GROSSO e non era scontato. Ma veramente, poteva essere “normale”, ma no, nessuna fortuna, ancora moscio gli penzolava giù come una tozza proboscide, circondato da una folta peluria grigia e largo come un bicchiere. A me sembrava veramente enorme, allora avevo un culetto senz’altro bello rotondo come un melone, ma anche piccolo così.
“Si Ottavio, ma fai piano con quell’affare… se mi spacchi tutto magari i miei se ne accorgono”. “Vedrai come te lo metto dentro. Lo sentirai, sicuro che lo sentirai, ma poi passerà, poi, mica sei verginello” rispose.
Era vero, non ero vergine, ma ero piccolo, minuto, le mie chiappe gli stavano in una mano ed un affare così, come ho già detto, non l’avevo mai visto prima.
Si inginocchiò con fatica dietro di me, me lo strusciò fra le natiche per farlo venire duro, quando accadde lo appoggiò sopra il culo, per farmelo sentire, mi arrivava a metà della schiena, pesante. Robertino aveva ragione, era proprio grosso. Già gemevo, spaventato dalle dimensioni. Si vedeva che gli piaceva questa cosa, era risaputo che era un fanatico del culo e che godeva a spaccarlo ai ragazzi, alle donne, a tutti, ma ora constatavo proprio la sua soddisfazione, era felice del fatto che io fossi spaventato, come altri prima di me, come Robertino. Uno sputo sul buco del culo ed uno sulla cappellona, poi: “Dai, allarga le chiappe che te lo metto”.
Spinse con forza, tenendomi per le spalle, vi fu un attimo di resistenza poi crack! il buco si allargò e lo lasciò entrare. Mi usci uno strano suono dalla bocca, un urletto soffocato, faceva male, ma ora era dentro.
“Alé, è entrato!” esultò Ottavio affondando implacabilmente, centimetro dopo centimetro.
Io, istintivamente, gli avevo appoggiato una mano sulla gamba come per respingerlo, non se ne accorse neppure. Affondò implacabilmente, senza riguardo, dolorosamente.
“Ah… mi piacciono i culetti come il tuo… è ancora stretto… avvolgente”, ansimava mentre diceva queste cose, io piangevo, ad un certo punto ho pensato che mi sarei strappato qualcosa, invece non accadeva. Per fortuna. Mi scopò per più di un quarto d’ora, avanti e indietro, avanti e indietro, doloroso, un deliquio. Sborrò dentro, sembrava non finire mai. Prima di tirarlo fuori lo fece ammosciare, era sporco anche di sangue, se lo ripulì con uno straccio che era appeso lì: “Cavolo, c’è anche il sangue…. si vede che sono andato dentro di brutto. E’ il primo vero cazzo che ti prendi, eh!”.
Io ero fermo, come fulminato non mi ero mosso, il buco era rimasto oscenamente aperto. Mentre orinava stava ridendo; “Ah ah ah! Che bella tana che ti ho fatto, sai, la prossima volta andrà dentro che sarà un piacere… forza, tira fuori la sborra che voglio guardare”.
Mamma mia, allora ci sarà una prossima volta, pensai spaventato.
A fatica mi accovacciai da una parte e spinsi, fra spasmi di dolore un rivolo di sborra usci fuori con un rumorino: Lui stava lì, piegato, ed osservava estasiato.
Appena terminai, prese della carta, e me la infilò dentro, per non sporcare i pantaloncini.
Mentre mi rivestivo mi disse che ci saremo rivisti la settimana dopo, di mattina, però fuori dal paese, nella stessa casetta dove si faceva altri frocetti. “porterai con te Robertino, mi farò anche lui che è una puttanella come te. Da oggi mi obbedirete altrimenti faccio presto a dire in giro cosa combinate voi lumache… ai vostri padri, a tutti… pensa se lo sanno in casa tua… vi inventerete una storia per poter restare fuori tutto il giorno, ci divertiremo”.
Io ero atterrito e da imberbe frocetto sprovveduto abboccai, ora so benissimo che non poteva dire a nessuno quello che faceva con me o con gli altri ragazzini, se non fosse finito in galera mio padre lo avrebbe ucciso, ma allora la presi decisamente per buona.
Nel culo avevo i carboni ardenti, mi faceva male la pancia ed ero già preoccupato per il mio prossimo incontro con Ottavio e del fatto di dover convincere Robertino a venire con me e farsi inculare da quel bestione, però dovevo fare finta di nulla e memore di quello che mi aveva detto l’altro ragazzo che era stato inculato da Ottavio, cercai di camminare normalmente nonostante il dolore. “Ma cos’hai combinato oggi? È tardi, Ti vedo strano, hai una faccia.” disse mia madre. Io: “Eh, mamma, abbiamo corso, ci siamo fatti prendere la mano”. Mi lavai il culo con l’acqua fredda dopo aver tirato via la carta, cenai ed andai a dormire presto. Il giorno dopo corsi da Robertino e gli raccontai cosa era successo con Ottavio, che dovevo tornarci e che lui sarebbe dovuto venire con me altrimenti quello ci sputtanava con mio padre e tutti quanti.
Lui, pur spaventandosi per l’eventualità che Ottavio se la cantasse, Inizialmente si negò decisamente ma poi riuscii a convincerlo almeno ad accompagnarmi che poi avrebbe deciso lì cosa fare.
Glielo presi un po’ in bocca, a lui piaceva molto, e a me piaceva tanto succhiargli il cazzo.
Tra l’altro, poco dopo anche se mi bruciava ancora diedi il culo a Maurizio, un ragazzo un po’ più grande che mi inculava piuttosto spesso, andammo in un vigneto poco fuori dal paese, mi sdraiai su un poggio col culo di fuori e lui mi scopò mentre Robertino guardava, ordinaria amministrazione. Dovetti farlo, per non destare sospetti, avevamo deciso che nessuno doveva sapere di Ottavio.
Il giorno stabilito, quando vidi Robertino arrivare tirai un sospiro di sollievo, in effetti le cose non sarebbero cambiate di molto, Ottavio mi avrebbe sicuramente fatto il culo, a lui forse, ma, comunque, meglio avere compagnia. Arriviamo da Ottavio appena dopo le 10 del mattino, infatti avevamo marinato la scuola per essere li'. La sorpresa e' che Ottavio non e' solo, ma ha con lui un amico suo, lo riconosco, e' un meccanico che vive appena fuori paese. Appena dentro la casa i due ci ordinano di spogliarci completamente..
Nel frattempo lo tirano fuori e cominciano a segarsi, poi ci chiamano: "Su, prendetecelo in mano". Loro sono seduti, noi in ginocchio, un cazzo in ogni mano, infatti io e Robertino, oltre a masturbarli ci stringiamo reciprocamente anche i nostri.
In quella posizione, in ginocchio coi cazzi davanti alla faccia, dalla mano alla bocca il passo è breve. Mauro, il suo amico, dice che sono bravo a fare i bocchini.
Beh, ha ragione. Succhio e lecco il suo cazzone scuro, con grande impegno e dedizione, quasi orgoglioso della mia abilità di pompinara. Anche Robertino si da da fare, ma non raggiunge i miei livelli. Infatti devo succhiare anche Ottavio, che apprezza moltissimo e dice al mio amichetto di imparare da me. Così, io e Robertino passiamo da un cazzo all'altro. Ora, però, era il momento del culo. Ci portano in camera da letto.
Però non lo facciamo subito, ci pieghiamo davanti a loro, come per mostrarglielo, ci accarezzano, ci infilano dentro il dito, quasi a saggiare la profondità e la consistenza, siamo una cosa loro. Ci stendiamo sulla pancia, ci dicono di aprire le chiappe
Mauro mi sale sopra e mi penetra con un colpo secco, un po' di saliva per agevolare.
Mi schiaccia, gli piace così, tenermi sotto di lui, coprirmi completamente come un animale ed affondare i colpi. Ai miei gemiti si aggiungono quelli di Robertino, Ottavio sta facendo la stessa cosa con lui. Ci sbattono così per un po', poi Ottavio dice che gli piacerebbe assaggiare il mio culo, si scambiano di posto, come prima veniamo di nuovo inculati.
Robertino aumenta il tono dei suoi lamenti, Mauro è più pesante e ce l'ha decisamente più grosso, anche se non è la prima volta che si prende un megacazzo nel culo.
Io, invece, del cazzo di Ottavio dopo la ripassata di Mauro, lo sento appena.
Adesso tornano ognuno alla sua ninfetta, vogliono sborrarci dentro, quasi per marcare il territorio. Il primo a finire a Mauro che, grugnendo butta fuori una quantità industriale di sborra. Poi, finalmente Ottavio. Dopo veniamo Io e Robertino, masturbandoci a vicenda.
Restammo a casa di Ottavio fino a tardi pomeriggio, naturalmente nudi tutti e quattro.
Infatti, dopo un paio d'ore Mauro disse “Fatecelo venire duro”, noi ci inginocchiammo davanti a loro e cominciammo a pomiciare tra di noi. A Robertino gli piaceva veramente tanto succhiare il cazzo, era instancabile, poi si faceva aprire il culo, o da Ottavio o da Mauro, ma scoprii che gli piaceva di piu' il cazzo di Mauro che era molto doppio.
L’amico di Ottavio gli ruppe il buchetto, a turno, anche il mio.
Ottavio questa volta volle sborrarmi in bocca, per la prima volta ingoiai la sua sborra.
Avevo imparato a bere, non ne andava fuori neanche una goccia, tanto è vero che era diventato normale utilizzare la mia lingua per ripulire da parte mia il culetto del mio amico, dopo che gli avevano sborrato dentro, ed a lui piaceva molto. Infatti Robertino me lo chiese
Stavo lì con la faccia appoggiata alle sue natiche, incastrato fra esse, mentre Mauro gli scopava il culo, appena fini' aprii la bocca per pulirgli il cazzo e poi il buco del culo del mio amichetto. Poi, con me, alzarono il livello: siccome ero la più femminile, ci procurarono delle mutandine di pizzo, dei perizomini che li facevano impazzire, delle calze autoreggenti
Robertino si limitò alle mutande, Io, invece, concedevo tutto. Vestiti come due puttanelle, dovemmo servire loro il pranzo mentre noi da sotto il tavolo leccavamo i loro cazzi. dopo pranzo di nuovo a letto per un altra inculata ed infine vollero anche pisciarci addosso nella vasca, cosa che a me piacque, ma non tanto a Robertino. Ritornammo a casa che erano passate le 18, ed entrambi avevamo il culo bello rotto. Promettemmo a Ottavio che ci saremmo ritornati la domenica dopo, e lui ci promise anche un altra sorpresa. Poi vi diro'
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